Sestino ha celebrato
la “giornata della memoria”, con un
variegato programma, sabato 29 gennaio presso il teatro “ Pilade Cavallini”: uno dei luoghi
simbolo del periodo della Linea Gotica a Sestino, per essere stato il bivacco
della “Tagliamento” della Repubblica di
Salò e delle conseguenti vicende con Giorgio Albertazzi. Prendendo spunto e tenendo come costante motivo di
argomentazione il volume di Alvaro Tacchini su “Guerra e Resistenza
nell’Alta Valle del Tevere- 1943-1944”, la
manifestazione, presentata da Lazzaro Baffioni, si è sviluppata in
maniera del tutto particolare. Vi ha
partecipato, infatti, il coro marchigiano “Alto Foglia”, diretto da Shizuka Shakurai: canti popolari
relativi alle guerre, intervallati da canzoni internazionali, che hanno nel
cuore lo spirito di libertà dei popoli.
Alvaro Tacchini al
centro dell’incontro per la sua straordinaria opera, frutto di documentazione ampia e nuova
scovata in numerosi archivi, ha dialogato sul palco con Marco Renzi, non tanto come
sindaco di Sestino quanto come “storico” della Linea Gotica e già consulente
del tribunale militare di Verona per efferati eccidi commessi in queste zone appenniniche dalle milizie nazifasciste.
I dati raccolti e
l’esposizione hanno messo in evidenza
l’importanza del “non dimenticare”, come
strumento di vita. Oggi “memoria” necessaria come non mai. “Viviamo- è
stato un motivo ripetuto- nuove ideologie, nuove guerre, dove l’uomo è soltanto
un ”oggetto” da consumare. Donne e bambini trucidati e seviziati. Molti i casi
di oggi, tanti i casi di ieri anche in
episodi della nostra Valtiberina”. “Ricordiamolo a noi e ai giovani che
frequentano le nostre scuole, navigano
sulle App, contornati da una società “liquida” che non ha e non fa memoria”.
La Resistenza- ha
documentato Tacchini- è stata la “resistenza dei giovani, anche se
oggettivamente ha aspetti multiformi e si può leggere come una manifestazione
di popolo”. Come tale non ha colori politici ma è l’anelito di libertà, che ha
trovato nei giovani i primi protagonisti, sfuggendo agli arruolamenti,
imbracciando le armi per costruire una democrazia alternativa a lunghe vicende che nella loro
disumanità hanno rari riscontri nella storia”.
Giovani sono i caduti di Sestino, con una età media
di vent’anni, così come quelli della Valtiberina umbra e toscana. Non c’erano confini
amministrativi: partigiani di Sestino e delle Marche hanno combattuto al di qua
e al di là dell’Appennino. A Città di Castello la Brigata “Montefeltro”- nata
in terra pesarese – aveva una sua
caserma nel centro storico. Da Città di Castello furono inviati giovani partigiani a Sestino,
come Arcaro Danilo, deceduto nello sminare aree disseminate di strumenti
esplosivi.
Dalla Valtiberina
fuggivano gli internati di Renicci, passando per la valle del Metauro e Lamoli e per Sestino e la valle del Foglia,
restando, spesso, a combattere con i
resistenti locali.
Ospitati, questi, come tanti altri, nelle parrocchie, nelle
case dei contadini. Rifocillati,
nascosti. Come furono nascosti a Sestino ebrei. A Sestino si erano rifugiati
anche circa 400 persone, provenienti dalle zone di guerra, da Roma e
soprattutto dalla Liguria: fuggivano- come oggi tanti fuggono- dalla guerra.
Tra i parroci
ospitali, ma soprattutto figure di
riferimento, don Gerico Babini, che ci
ha lasciato un documentato “Diario”. Straordinario tra tutti don Gino
Lazzerini, di Sestino, che nel badiale costituì una “zona franca”, sotto
l’insegna della Croce Rossa, dove faceva
incontrare capi partigiani e tedeschi per evitare, insieme, tragedie umane.
Il mondo contadino
– ha ribadito Tacchini – è stato altro
onnipresente protagonista. Ha sofferto come pochi, perdendo spesso beni
materiali, i frutti del lavoro e fornendo ospitalità. E tanti sono morti per
difendere le loro case, i loro beni , senza usare le armi ma restando sulla
porta di casa.
Fare memoria, in
definitiva, è costruire ogni giorno il palinsesto della democrazia e un futuro
migliore per i giovani di oggi.
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