Padre Gratien Alabi rassegnato al
suo destino: il religioso congolese riceve in carcere il suo avvocato e
ribadisce “Non ho niente da dichiarare ai magistrati”
Ormai è da due mesi dietro la
sbarre, ma dalla sua bocca nessuna ammissione di colpevolezza. Padre Gratien
Alabi, in carcere dal 23 aprile con l’accusa di avere cagionato la morte di
Guerrina Piscaglia, continua a mantenere il silenzio in merito alla vicenda. Si
dice totalmente estraneo alle accuse che gli vengono fatte, anche se rassegnato
al fatto che la Procura di Arezzo ad oggi non abbia intrapreso alcuna pista
d’indagine alternativa oltre a quella che conduce a lui, escludendo a priori la
possibilità che la casalinga 50enne si sia allontanata volontariamente da casa.
Il religioso congolese, che il
prossimo dicembre compirà 46 anni, propri ieri 20 giugno avrebbe ribadito la
sua intenzione di non rilasciare alcuna dichiarazione ai magistrati, durante un
colloquio avuto in carcere con il suo avvocato Luca Fanfani, al quale avrebbe
confidato la rassegnazione per siffatta situazione di stallo, dicendogli “Sono
nelle mani di Dio”.
Il sacerdote sembrerebbe
intenzionato ad attendere ‘in silenzio’ il rinvio a giudizio, nella speranza di
dimostrare la sua innocenza in sede di processo. Intanto, come riportato dal
quotidiano Il Corriere di Arezzo, che segue il giallo di Ca’ Raffaello
assiduamente, padre Gratien si sarebbe ambientato molto bene in carcere,
socializzando con tutti i detenuti e dove attende, alternando letture e
preghiere, la sua sorte giudiziaria.
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