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    martedì 24 marzo 2015

    Nuova guida per la parrocchia con Don Giancarlo Gatteschi

    BADIA TEDALDA - Da qualche mese Badia Tedalda ha una nuova guida spirituale: è don Giancarlo Gatteschi, nato ad Arezzo settantadue anni fa e conta una lunga esperienza nel Valdarno. Ordinato sacerdote alla giovane età di 27 anni, porta subito il primo contributo in Mozambico aiutando un giovane amico missionario: Pietro Martin, che si occupava della popolazione africana inflitta da carestie, peste e lebbra. "Appena ho concluso la missione umanitaria, arriva il primo incarico da sacerdote nella parrocchia di Castiglion Fiorentino - spiega don Giancarlo - dove esercito la missione per un anno circa. Poi due anni a Pescaiola, un anno a Capolona, trentanni in Valdarno, undici anni tra Tuori e Badia Al Pino e un anno a Pieve al Toppo prima di arrivare qui. La zona è grande, sparsa per la campagna, occorre spostarsi con l'automobile per alcune decine di chilometri prima di arrivare alle frazioni di Prabeghi, Caprile, Fresciano. Viamaggio, Badia Tedalda, Rofelle e Ca* Raffaello. Altre due, poi, nel Comune di Sesano che sono Palazzi - Colcellalto e Ponte Presale: un impegno faricoso, ma fatto con fede. L'inizio pastorale di un nuovo parroco è un avvenimento di rilievo nella vita di una comunità: tale evento è una festa per tutti, riveste una valenza simbolica per i fedeli sempre pronti a dare accoglienza, spero in parte di avere centrato questo obiettivo. Qui a Badia mi trovo bene - continua il parroco - anche se non è data per certa la mia permanenza e nemmeno quanto posso rimanere: lo scopo principale è quello di rimettere insieme la gente, creare una grande famiglia e cercare rapporti umani: certo, le difficoltà non mancano, bisogna provarci e l’importante è conoscere i bisogni: solo così si arriverà ai risultati desiderati. Gli ultimi tempi sono stati infranti da situazioni di disagio, una signora cinquantenne di Ca' Raffaello, madre di un figlio, è scomparsa da casa senza lasciare traccia: dare dei giudizi non sarebbe corretto, non conosco quasi nulla, sono arrivato da poco, serve solo rispetto con la speranza che tutto finisca presto e possa far ritorno in famiglia. I rapporti con i parrocchiani sono buoni, trasparenti e schietti, insieme cerchiamo di affrontare tutto nel modo più giusto, il desiderio di qualcosa di diverso da ciò che è dato dalle situazioni così come sono, sognando di risolvere quello in cui uno crede. In realtà non si sogna ma si tratta di cambiare, focalizzare un'immagine diversa che sostituisca il vecchio con un rinnovo, un modello che si preoccupa del territorio e delle urgenze della gente. La promozione umana e la convivenza devono viaggiare a braccetto nell'attività del religioso, una stazione di servizio della quale i fedeli si servono per ritornare nel caldo nido parrocchiale prendendosi cura di tutte le esigenze del popolo. In questa realtà di montagna, lontana dai grandi centri di aggregazione, la presenza giovanile è limitata, anche se i nuclei familiari ci sono e va ricordato che la maggior parte è costituito da poche persone, per lo più vedove. Consapevole dell'importanza di questi ragazzi, la Chiesa deve fare di tutto per capire far a loro le necessità in particolare, i loro sogni e fare emergere il ruolo positivo che hanno dentro e proporre una visione umana e cristiana della vita che forse più nessuno insegna. In questa comunità, la Chiesa fa passi avanti per aiutare i giovani, aiuta la nascita di una nuova cultura impegnata di valori evangelici, in una fase particolarmente importante per lo sviluppo e la formazione della persona, necessita quindi una particolare attenzione, sul futuro che sta per nascere e ancor più difficile è l'inserimento. Il mondo oggi è cambiato, c'è un materialismo dominante, ci sono pochi figli, forse la famiglia ha perso il senso dei valori fondati, qui in qualche modo si va in controtendenza: le famiglie sono molto belle e molto sane, per questo mi sento onorato. La storia che avvolge la comunità è la storia di tutti quelli che si sono messi al servizio nel realizzare dei progetti - conclude don Giancarlo Gatteschi - con la speranza che questi si avverano. Per raggiungere un traguardo bisogna essere uniti, in questo non farò mancare il mio aiuto, lavorerò giorno e notte e non mi tirerò indietro, se è necessario per aiutare a raccogliere i frutti sperati. (Fonte: l'eco del Tevere)
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