E’ il sindaco di Sestino Marco Renzi a prendere carta e
penna e scrivere una lunga lettera al Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella e al premier Renzi. In questo modo ha voluto spiegare le ragioni che
hanno portato la pubblica amministrazione della Valtiberina a prendere le
distanze dal cordoglio nazionale per la scomparsa di Giorgio Albertazzi.
Già in occasione di una delle ultime visite dell’attore ad
Arezzo, da Sestino si era levato l’appello affinché chiedesse pubblicamente
scusa per la fucilazione del partigiano Ferruccio Manini.
Di seguito riportiamo la lettera firmata dal sindaco di
Sestino Marco Renzi.
Egregi Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e
Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi,
impossibile non esprimere cordoglio per la morte dell’attore
Giorgio Albertazzi. Come è altrettanto impossibile non provare sdegno per un
uomo di cultura che non ha mai voluto accettare i propri errori, fossero anche
uno solo.
C’era la guerra, d’accordo, e stare da una parte o
dall’altra era un obbligo. Quindi anche Giorgio Albertazzi, sottotenente della
Legione Tagliamento, stava dalla sua parte. Qui, a Sestino in provincia di
Arezzo, il 28 luglio 1944 comandò il plotone d’esecuzione che portò la morte al
giovane diciottenne Ferruccio Manini, reo di aver disertato e di esser stato
accolto tra i “ribelli della montagna”. Era la guerra, dunque, e così è stato.
Quel giorno il giovane Manini fu visto attraversare il paese scortato da militi
armati al comando del sottotenente Giorgio Albertazzi in direzione del
cimitero. Il percorso si compì quasi in silenzio, lentamente, istanti
interminabili: qualche persiana si chiudeva al passaggio, i bambini, curiosi,
scrutavano da lontano. Pantaloni corti e camicia bianca, il giovane forse immaginava
cosa sarebbe accaduto. Era giunto l’ordine dal comando ma il capo del presidio
di Sestino, il tenente Pesaresi, si rifiutò. Era un ragazzo, avrebbe compiuto
diciannove anni il mese successivo. Così, fu il sottotenente Albertazzi a
prendere in mano la situazione. Giunti sul luogo del martirio, sopraggiunse il
parroco che confessò Ferruccio e poco dopo, per ordine dello stesso Albertazzi,
partì la gragnuola di colpi lasciando segni sul muro di cinta del cimitero,
segni di proiettili visibili ancora oggi. La fucilazione era avvenuta e, pochi
istanti dopo, un solo colpo, il colpo di grazia, inferto dallo stesso
Albertazzi.
Da parte del noto attore mai una parola o un segno di
ravvedimento. Negando persino di aver compiuto quel gesto. La montagna, però,
ha la memoria lunga e un intero paese lo ha sempre saputo e tramandato
attraverso le parole dei testimoni oculari. Fu lui a compiere la barbarie nei
confronti di un giovane innocente.
Ora però non è più tempo e non possiamo che dimostrare alle
future generazioni che di errori la storia è piena e quel fiore che manca sulla
lapide che ricorda la fine di Ferruccio Manini lo porteremo noi così come non
faremo mancare un fiore sulla tomba di quel grande artista che ha avuto timore
della propria ombra. Un piccolo fiore, lontano dalle luci della ribalta, perché
l’uomo sa anche perdonare e sperare in un mondo migliore.
Il Sindaco di Sestino
Marco Renzi
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