La questione energetica sta diventando sempre più
importante: da una parte la storica dipendenza del nostro paese dall’estero ci
spinge a prospezioni su gran parte del territorio nazionale alla ricerca di possibili giacimenti, dall’altra
l’emergenza CO2 con il conseguente cambiamento climatico globale impone a tutti
i paesi un cambiamento epocale che ci faccia passare dall’utilizzo
preponderante di energia fossile a
quella da fonti rinnovabili, in cui, peraltro, attualmente l’Italia occupa una
posizione di primo piano.
Se, sul piano teorico, ambedue le esigenze, ricerca di nuovi
giacimenti e progettazione di nuovi
impianti per le rinnovabili, possono apparire giustificabili, i problemi
sorgono quando si passa ai piani attuativi. Le scelte investono i rappresentanti delle
amministrazioni a tutti i livelli fino al governo centrale, mentre i Tar
sentenziano su ricorsi e controricorsi. Il sistema industriale ha da parte sua buon gioco nel presentare progetti che, dati
alla mano, dimostrerebbero la convenienza delle sue proposte.
Si ha la sensazione che le esigenze meramente economiche,
per lo più legate a determinate lobby, possano prevalere su altre esigenze,
prima fra tutte la difesa del paesaggio e del territorio, valori che hanno dal
punto di vista istituzionale un rango superiore, espressamente tutelati dall’articolo 9 della
Costituzione che pone la tutela paesaggistica al di sopra di qualsiasi esigenza
economica. Il valore del paesaggio
italiano va oltre la stessa appartenenza alla nostra nazione. Esso ci proviene
dal lavoro millenario di generazioni e
non è disponibile per noi contemporanei in assoluto, ma
deve essere riconsegnato alle future generazioni quanto più integro
possibile. E’ d’altra parte dimostrato che proprio attenendoci a questi principi
si possono trarre vantaggi economici duraturi.
D’altra parte quando intervengono lobby finanziarie ed
industriali in campo, tutta l’indagine quantitativa viene spesso forzata per
dimostrare la bontà e la compatibilità delle grandi opere mettendo in secondo
piano l’aspetto qualitativo, che è quello che conta ai fini ambientali e
paesaggistici. Occorre poi tener conto
che i modelli costruiti per riprodurre la realtà sono sempre altamente probabilistici e, una
volta realizzati, possono risultare fallaci e con opere il cui peso graverà ancora una volta sui
cittadini stessi.
Il mega progetto di impianto eolico denominato Poggio Tre
Vescovi interessa i comuni di
Casteldelci, Verghereto e Badia Tedalda. Il progetto, che prevede
l’istallazione di 36 torri di 128 metri con pale di 104 metri per un’altezza
totale di 180 metri – all’incirca il doppio del grattacielo di Rimini – sembra
avere tutti i caratteri che lo rendono
inappropriato anche dal punto di vista economico.
Da molte parti infatti si fa osservare che un tale impianto
non avrebbe le caratteristiche per essere, come si dice in termine tecnico,
“bancabile”. Cioè nessuna banca concederebbe un prestito a queste condizioni
poiché troppo rischioso. Da conteggi analitici basati su dati forniti dal proponente
stesso, infatti, risulterebbe solo nella migliore delle ipotesi un conto
economico in pareggio, considerando una vita media degli aerogeneratori intorno
a 12/15 anni e tenendo conto che mediamente l’operatività degli impianti eolici
attualmente funzionanti in Italia, compresi i siti ben più ventosi nel Sud e
nelle Isole, si aggira sulle 1600 ore annue e non 2200 – e oltre – come
previsto dal progetto proposto. E tutto questo nonostante un tale impianto sia
(forse) fattibile solo con un incentivo statale per MWh prodotto equivalente al
suo prezzo corrente sul mercato all’ingrosso. Il prezzo in bolletta per
l’energia elettrica di Poggio Tre Vescovi, a tacere degli enormi costi che
comporta la gestione in rete di grandi quantità di energia non programmabile
come quella eolica, sarebbe perciò il doppio della media della normale energia
elettrica, e quindi con la differenza pagata da tutti i cittadini, mentre non
si prevede alcuna possibilità di royalties per le comunità locali al di fuori
delle iniziali misure compensative previste per i comuni che comunque non
devono superare per legge il 3% dei
proventi annuali.
Il progetto d’impianto eolico di Poggio Tre Vescovi è quindi
da respingere non solo dal punto di vista strettamente economico, ma
soprattutto per il suo impatto ambientale. In
particolar modo questo vale per la provincia di Rimini che confida in un
retroterra depositario di una storia
impareggiabile che va dal Medioevo al Rinascimento. Questo patrimonio deve
continuare a essere una risorsa unica e
insostituibile, il cui portato sarà quello di diffondere un turismo di qualità.
Vogliamo forse diventare famosi per aver installato alle
nostre spalle uno dei più mastodontici
parchi eolici di terra ferma d’ Europa?
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