Scampata alla sedia
elettrica quando aveva 16 anni e fu rinchiusa nel carcere di Indianapolis, la
donna si è tolta la vita
Era diventata il simbolo delle campagne contro la pena di morte negli Stati Uniti, si è uccisa a 45
anni Paula Cooper, la più giovane
condannata a morte nella storia degli Usa. La donna, finita nel braccio della
morte, a Indianapolis, ancora minorenne, fu
graziata; la sua condanna fu poi commutata in carcere e infine Paula fu
liberata per buona condotta.
Aveva solo 15 anni quando assassinò Ruth Pelke, una insegnante di religione
di 78 anni, e 16 quando venne condannata alla sedia elettrica. Il caso suscitò
grande scalpore in tutto il mondo portando alla luce una legge, quella
dell'Indiana, atroce e disumana: lo Stato ammetteva infatti la pena di morte
per i bambini sopra i dieci anni. Paula dovette vivere per tre anni nel braccio della morte, al termine dei quali
alla teen-ager fu concessa una pena di 60 anni di reclusione, poi ridotti a 27
per buona condotta.
Contro la pena capitale per Paula scese in campo anche il nostro Paese: su
iniziativa dei radicali nacque il movimento "Non uccidere". Anche
Papa Giovanni Paolo II chiese la grazia per lei e, su iniziativa di Ivan
Novelli e di Paolo Pietrosanti, vennero raccolte due milioni di firme che
furono presentate all'Onu per la richiesta di clemenza. Fu quello il primo atto
di una battaglia internazionale sfociata, nel 2007, nel voto dell'Assemblea
generale delle Nazioni Unite sulla moratoria delle esecuzioni.
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