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    mercoledì 11 novembre 2009

    Figlio di un carabiniere ruba oro in fabbrica


    Tutti possono cadere in tentazione. Anche il figlio del maresciallo. Il bagliore dell'oro ha tradito un giovane operaio con babbo carabiniere. Il ragazzo, 24 anni, è stato pizzicato in fabbrica - la Omega Art di Ponte alla Piera - mentre cercava di far scivolare nella tasca della tuta qualche grammo di metallo prezioso (valore stimato, 23mila euro). Lo hanno visto. Ha ammesso. Così è stato arrestato dagli stessi carabinieri: ha passato la notte in camera di sicurezza ed è finito davanti al giudice per il patteggiamento. Ma non finisce qui, perché ci sono fondati elementi (se non ammissioni) che il giochetto andasse avanti da tempo. L'azienda anghiarese lamenta ammanchi d'oro quantificati in circa 200mila euro. Arriva dalla Valtiberina questa storia di cronaca un po' così. Dove il figliolo di un sottufficiale finisce sul banco degli imputati. La Omega Art di Ponte alla Piera, comune di Anghiari, è una bella azienda dell'oreficeria. Una srl con marchio 1538 AR che, recita il sito, "si è distinta per la qualità dei prodotti, l'assoluta garanzia del titolo e per la correttezza nei rapporti commerciali." E ancora: "Omega Art è sinonimo di affidabilità, serietà, qualità del prodotto unita alla costante ricerca di nuove tecnologie." Pregevoli i manufatti: bombato, piatto, tondo e "la linea diamantata, nei tre colori dell'oro, in tutti i titoli e le finiture". Titolare è il signor Livio Gorini, una dozzina i dipendenti. Tra questi, dal mese di marzo, anche G.R., il figlio del maresciallo dei carabinieri che presta servizio in una stazione della Valtiberina. Gente a posto, manco a dirlo. E' nel corso della giornata di lavoro di mercoledì che gli occhi di qualche addetto cadono sul 24enne. Viene notato un movimento sospetto, quello di chi tenta di soffiare un po' di oro. Sono i titolari a intervenire in tempo reale. Con il giovane che ammette e sottoscrive una dichiarazione. La fase successiva vede i carabinieri identificare il giovane, con immaginabile sorpresa, e far scattare l'arresto, con altrettanta amarezza. Tentata appropriazione indebita aggravata è il reato contestato, quello che punisce chi si appropria, o tenta di appropriarsi "del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia il possesso". Situazione spiecevolissima. Ma non proprio una ragazzata sulla quale chiudere un occhio oppure tutti e due. Tanto più che la ditta era già con le antenne drizzate per via di uno stillicidio di ammanchi di metallo. Su questo versante c'è ora un'inchiesta condotta dal pm Roberto Rossi che dovrà fare piena luce. Il dubbio è che da marzo in poi il giovane sia caduto in tentazione altre volte. Davanti al giudice Gianni Fruganti, durante la direttissima celebrata ieri, il 24enne ha finito per confessare: piccoli prelievi sottratti al lavoro, dei nascondigli (a suo dire spesso lasciava l'oro in auto) per fare tutto all'insaputa dei genitori, poi la vendita al banco metalli per monetizzare. Ieri mattina al tribunale di Arezzo, il processo. Arresto convalidato e patteggiamento. Il giovane era assistito dall'avvocato Sabrina Senatore che ha concordato con il pm Bernardo Albergotti una pena di 8 mesi e 300 euro di multa suggellata dal giudice con sentenza. La ditta orafa è parte civile con l'avvocato Luca Fanfani e attende gli sviluppi degli accertamenti sulle ripetute sottrazioni di oro. Al giovane è stata ovviamente concessa la sospensione condizionale della pena. Tutti possono cadere in tentazione. Ma che almeno la lezione serva. (Fonte - Saturno Notizie )
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