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    giovedì 29 dicembre 2011

    Un anno fa il distacco parziale del muro di sfioro della diga di Montedoglio con la notte di grande paura per la Valtiberina

    L'allarme scattò intorno alle 21.00. Il punto della situazione a distanza di 12 mesi esatti

    E' passato un anno esatto dalla notte di grande paura che la diga di Montedoglio fece trascorrere alle popolazioni della Valtiberina. Erano circa le 21.00 di quel memorabile mercoledì 29 dicembre, una classica serata invernale nella quale tutti erano già proiettati verso il grande cenone di fine anno quando scattò l'allarme: "Scappate, la diga di Montedoglio sta crollando!". In un attimo la notizia si diffonde in tutta la vallata, la popolazione delle zone altimetricamente più basse e quindi più a rischio di inondazione viene obbligata a uscire dalle proprie abitazioni per rifugiarsi nelle zone collinari; su tutti, gli abitanti delle frazioni di Viaio e Santa Fiora. Una notte da incubo: protezione civile mobilitata a livello nazionale, ma ancora nessuno sapeva di preciso cosa fosse realmente successo. E' l'una di notte, questo è il momento di maggior pericolo, tutta la popolazione della vallata è sveglia. Si pensa al peggio, altre parti del muro di contenimento potrebbero cedere con conseguenze catastrofiche. Il tempo trascorre ma il flusso dell'acqua non cala, l'esondazione è sempre più vicina: solamente poco dopo le 8 della mattina cala la paura, il livello dell'acqua nella diga è sceso di 4 metri e la fuoriuscita si è abbassata a circa 240 metri cubi al secondo dei 600 iniziali. Il fiume Tevere registra esondazioni soprattutto nella parte umbra. Solamente alle 16.00 del pomeriggio arriva la comunicazione da parte della Prefettura e della Provincia di Arezzo che lo stato di emergenza è terminato. Passano giorni e la popolazione vuole conoscere la verità, vuole vedere con i propri occhi quella tragedia sfiorata per un soffio. Il Procuratore Capo della Repubblica di Arezzo, il dottor Carlo Maria Scipio, nel mese di febbraio formò ufficialmente un gruppo di esperti per effettuare un'accurata perizia sull'invaso. I cinque professionisti rappresentavano i vari settori di competenza, da quello geologico per giungere a quello idraulico. La commissione di esperti ha lavorato per oltre otto mesi al fine di risalire alle cause del disastro di Montedoglio, prelevando anche dei campioni di materiale sul posto. Il 3 novembre scorso, in una conferenza stampa, il Procuratore di Arezzo - coadiuvato nell'indagine dal pm Roberto Rossi – ha spiegato la verità su quello che è accaduto: "La diga di Montedoglio è crollata perché è stata costruita con materiali scadenti". La relazione finale dei tecnici incaricati mette in evidenza lo stato di deterioramento del cemento armato usato per la costruzione dell'invaso. Al momento attuale, l'accusa per "disastro colposo" resta contro ignoti, anche se gli inquirenti stanno cercando di risalire alle ditte che negli anni '70 hanno costruito l'invaso e ai loro amministratori; alcuni di essi, però, sono deceduti. Per farla semplice, gli abitanti della Valtiberina per anni hanno vissuto con un pericolo sopra la testa. Non va dimenticato che il giorno in cui il muro crollò, la diga di Montedoglio era interessata dall'ultimo collaudo di sicurezza e il livello dell'acqua era arrivato al massimo dei 394 metri previsti sul livello del mare, pari a una portata di circa 150 milioni di metri cubi, ma nessuno era stato informato di questo collaudo. Come tutti sappiamo, l'Ente Irriguo Umbro Toscano era il gestore dell'invaso che, con lo scorso mese di novembre, ha cessato l'attività trasformandosi in Ente Acque Umbre Toscane. Tre soli rappresentanti nel cda dell'Ente: uno per il Ministero delle Politiche Agricole, uno per la Regione Umbria e un altro per la Toscana. La Valtiberina a gran voce chiede che il posto riservato al membro toscano venga assegnato a un suo rappresentante, poiché zona che ospita la diga di Montedoglio; se ciò non avvenisse – si sostiene da più parti - sarebbe un grave "sgarbo" alla politica del territorio che in questo momento è chiamata alla massima compattezza senza distinzione di colorazioni politiche. I cittadini chiedono con insistenza quando i lavori di ripristino del muro saranno eseguiti e il futuro di questo invaso. Insomma, sta di fatto che è passato un anno esatto da quel crollo e a livello pratico abbiamo solo un risultato della perizia, peraltro quello che nessuno voleva sentirsi dire; restano infine ancora i segni che la furia dell'acqua ha lasciato nel suo percorso: fusti enormi sul greto del Tevere da rimuovere quanto prima per evitare altre disgrazie. (Saturno Notizie)
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